GASTROENTEROLOGIA - ENDOSCOPIA DIGESTIVA - STUDIO SPECIALISTICO

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Pancreatiti croniche

MALATTIE DEL PANCREAS

La pancreatite cronica è un processo infiammatorio che coinvolge inizialmente il sistema duttale pancreatico ( piccoli, medi e grandi dotti > e successivamente  il parenchima acinoso ed insulare della ghiandola. Esordisce generalmente intorno la terza-quarta decade con un rapporto maschi/femmine di 3:1. L'incidenza è di circa 10-15 nuovi casi/100.000 abitanti per anno ed è in costante aumento dagli anni  60 nei paesi occidentali.


Le cause della pancreatite cronica sono praticamente le stesse della pancreatite acuta. Le cause comuni sono costituite da:
abuso di alcol (responsabile, da solo, di circa il 90% dei casi nei paesi occidentali)

  • calcoli

  • biliari

Altre cause sono:

  • malnutrizione proteico-calorica

  • consumo di cassava (nei paesi tropicali e subtropicali di Asia e Africa)

  • fumo di sigaretta

  • ipertrigliceridemia

  • ERCP

  • traumi addominali

  • farmaci (sulfonamidi, estrogeni, tetracicline)

Cause più rare sono:

  • ereditarie

  • fibrosi cistica

  • autoimmuni

  • infezioni (specialmente virali, da Coxsackie virus di gruppo B)

  • iperparatiroidismo

  • idiopatica

Evoluzione e sintomi
La pancreatite cronica evolve in due fasi sequenziali: la fase precoce e la fase tardiva.
La prima fase si colloca entro i primi cinque anni dall'esordio clinico ed è caratterizzata da frequenti riacutizzazioni dolorose. lì dolore è di tipo persistente, profondo ed è scatenato dall'ingestione di alcol e pasti ad alto contenuto  lipidico.
La seconda fase si colloca dopo circa 10 anni dall'esordio della sintomatologia ed è invece caratterizzata da dalla riduzione delle crisi dolorose e dalla comparsa dei segni e sintomi cimici dell'insufficienza pancreatica esocrina ed endocrina: la  maldigestione, con diarrea, steatorrea e creatorrea compare solo per funzioni pancreatiche ridotte di oltre l'80-90%. La comparsa di alterazioni ossee da deficit di vitamina D sono di infrequente riscontro. Anche l'intolleranza glicidica ed il diabete  insulino-dipendente compare tardivamente e, caratteristicamente il diabete non è chetoacidosico e normo o ipoglucagonemico.
La pancreatite cronica, pur essendo una malattia di rilevante impegno clinico, raramente è responsabile direttamente della morte del paziente che avviene invece per le complicanze delle patologie legate all'abuso di alcol e fumo, quali i tumori extrapancreatici, il carcinoma pancreatico, la cirrosi epatica e la patologia cardiovascolare.

Classificazione patogenetica
Secondo l'ipotesi patogenetica della scuola di Marsiglia, sulla quale si basa la classificazione di Marsiglia - Roma ormai superata, la pancreatite cronica calcificante-calcifica, rappresentativa della quasi totalità delle pancreatiti croniche, inizierebbe come una litogenesi intraduttale primitivamente indotta da alterazioni qualitative/quantitative del la litostatina, una proteina solubilizzante il calcio normalmente presente nel succo pancreatico.

La precipitazione di tale materiale proteico insolubile, derivante in parte da fattori sconosciuti endogeni ed in parte da tossici esogeni come l'alcol ed  il fumo, causa la formazione di plugs proteici su cui successivamente si depositano sali di Ca++. Sia i plugs proteici che i calcoli neoformati determinano disepitelizzazione dei dotti e danni alla membrana basale con relativa risposta infiammatoria e  conseguente fibrosi stenosante. lì parenchima pancreatico viene gradualmente sostituito da tessuto  fibroso con coinvolgimento tardivo delle isole di Langerhans. L'alcol in particolare, oltre ad agire da tossico sulle cellule acinari per effetto dell'acetaldeide1  favorisce la formazione dei plugs proteici aumentando la degradazione della litostatina,  aumentando la concentrazione enzimatica nel succo pancreatico, diminuendo gli inibitori enzimatici come il PSTI Pancreatic Secretori Trypsin lnhibitor ) ed alterando  il pH per la riduzione della secrezione dei bicarbonati.
Pancreatite Cronica Autoimmunitaria: in tale forma l'epitelio duttale esprime sulla propria superficie antigeni HLA di classe lì aberranti per  cui diviene bersaglio di linfociti sensibilizzati che non riconoscono più tali cellule come  "self". L'infiltrato linfocitario è periduttale ed evolve in fibrosi con obliterazione del lume ed ostacolo al deflusso. La forma autoimmunitaria può  decorrere da sola o associarsi a colangite sclerosante, cirrosi biliare primitiva, rettocolite  ulcerosa, morbo di Crohn e sindrome di Siogren.
Pancreatite Cronica Ostruttiva: consiste in un processo fibro-atrofico uniforme del parenchima pancreatico secondario ad un'ostruzione benigna o maligna   dei grandi. dotti  pancreatici. Se tale ostacolo non viene rimosso endoscopicamente o  chirurgicamente, l'evoluzione è un'atrofia acinare irreversibile con progressivo coinvolgimento delle isole di Langerhans.

Pancreatite Cronica Associata A Distrofia Cistica Della Parete Duodenale: descritta per la prima volta nel 1970, è caratterizzata dalla infiammazione  alcol-indotta del  tessuto pancreatico presente normalmente all'interno della parete duodenale. L'eccessivo introito alcolico causerebbe ostruzione del sistema escretore di questo tessuto pancreatico intraduodenale con formazione di vere e proprie cisti  da ritenzione. La  malattia è inizialmente localizzata a livello della C duodenale ma successivamente  la progressione della flogosi o lo sviluppo delle cisti possono comprimere il dotto di Wirsung con comparsa di una pancreatite cronica ostruttiva    del corpo-coda pancreatico.  Raramente la compressione può avvenire anche sul coledoco con relativo ittero  ostruttivo. Sul piano clinico-patologico ci sono dunque due varianti ditale forma morbosa: Una "pura" con flogosi localizzata solo a livello    del tessuto pancreatico intra-duodenale  e pancreas indenne, e la seconda, più comune, nella quale alla lesione  duodenale si associa una pancreatite cronica ostruttiva-calcifica.
Pancreatite Cronica Ereditaria: rara forma trasmessa come carattere autosomico dominante a penetranza incompleta, caratterizzata da un'insorgenza  clinica in età molto precoce. L'alterazione genetica consiste in una mutazione puntiforme sul   cromosoma 7q35 dove viene sintetizzato il tripsinogeno cationico. Tale enzima modificato è più resistente all'azione litica ( autolitica o di altre  proteasi ) con la conseguenza di una sua maggiore concentrazione nel succo pancreatico e conseguenti   ripetuti episodi di pancreatite acuta che con il tempo evolvono in pancreatite cronica.
Pancreatite Cronica Associata A Mutazione Del Gene Della Fibrosi Cistica: in tal caso l'alterazione è a carico del gene CFTR ( Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator ) responsabile della mucoviscidosi. La frequenza di questa    mutazione è significativamente più elevata nei pazienti affetti da pancreatite cronica rispetto alla popolazione generale. Secondo un'ipotesi patogenetica di autori statunitensi, la mutazione genetica comporterebbe un'alterazione del pH intraduttale    ed intra-acinare con conseguente alterazione-blocco del processo secretivo all'interno della cellula macinare ed inizio del processo infiammatorio.

Pancreatite Cronica Alcolica Pura: rappresenta circa il 10% del totale, ed i meccanismi patogenetici sono quelli già ricordati.

Complicanze ed Associazioni Morbose
Le complicanze più frequenti sono le cisti , le pseudocisti e le ostruzioni biliari. Tra le associazioni morbose sono da ricordare l'ulcera duodenale ( per il ridotto tamponamento  del carico acido duodenale ), la cirrosi epatica ( elevato introito  alcolico), la colelitiasi e, per la forma autoimmunitaria, la colangite sclerosante primitiva, la cirrosi biliare primitiva, le malattie croniche intestinali e la sindrome di Sjogren.  Nei pazienti affetti dalle forme associate ad alterazioni genetiche,  e quindi con lunga storia di malattia per la precocità della sua insorgenza, è stata dimostrata un'aumentata incidenza di adenocarcinoma pancreatico.

Diagnosi di laboratorio
Durante la fase acuta dolorosa, gli esami ematochimici evidenziano un modesto incremento della amilasemia, della lipasemia, della tripsinemia e, frequentemente, incremento di  bilirubina, gamma-GT, fosfatasi alcalina e transaminasi( espressione di colestasi  extraepatica da compressione del coledoco).
La riserva funzionale endocrina pancreatica può essere valutata con il test al glucagone e la valutazione di un'eventuale insulino-resistenza, con il test di tolleranza all'insulina.
Nel dubbio diagnostico con un una neoplasia pancreatica è opportuno il dosaggio del CA-19-9.
La riserva ghiandolare esocrina può essere valutata misurando l'escrezione giornaliera con le feci di chimotripsina (v.n. > 6 UI/g. ) o dell'elastasi-I  (v.n. > 200 < 500 mcg/g. ).

La riserva funzionale degli enzimi lipolitici può essere valutata indirettamente con il Pancreolauryl Test; il dilaurato di fluoresceina, un composto che viene scisso dalle esterasi pancreatiche con liberazione di acido laurico e fluoresceina, viene  somministrato per 05. La fluoresceina viene assorbita ed escreta con le urine. Dal rapporto tra la raccolta urinaria di fluoresceina dopo somministrazione in un giorno differente di fluoresceina pura, si ottiene un valore indice della funzione pancreatica  ( T/K): valori di T/K inferiore al 20 % sono sicuramente patologici. I test indiretti hanno il vantaggio di essere facilmente eseguibili e ben tollerati. Tuttavia, sebbene siano in grado di dimostrare un'insufficienza esocrina grave, la loro utilità  è scarsa nelle pancreatopatie di grado lieve e moderato dove la sensibilità della metodica è bassa per l'alto numero di falsi negativi.
La massima capacità secretoria pancreatica può essere valutata direttamente dosando gli enzimi pancreatici ed i bicarbonati nell'aspirato duodenale raccolto mediante sondino durante stimolazione continua con secretina (0,5 U/kg/ora) e ceruleina  (0.5 U/Kg/ora) somministrate per via endovenosa. I limiti principali di questa metodica consistono nel suo. costo elevato e nella bassa tollerabilità da parte del paziente, e per tali motivi essa è sempre meno utilizzata. Ciò nonostante la sua  accuratezza è decisamente elevata, aggirandosi intorno al 95-97% e permane tale anche nelle forme lievi. Ciò fa sì che tale indagine sia elettiva nella diagnosi delle pancreatopatie croniche iniziali, laddove la diagnostica strumentale è difficilmente  in grado di evidenziare la condizione patologica.
Il dosaggio dei lipidi nelle feci ha' un significato clinico limitato, in quanto la steatorrea compare solo quando la secrezione di lipasi è compromessa per oltre il 90%,  quindi in una pancreatopatia di grado avanzato. La metodica si basa sul dosaggio quantitativo dei grassi eliminati con le feci dopo una dieta a contenuto noto. Valori di grassi fecali > 6g./die sono considerati patologici.
L'uso degli esami funzionali non è più di tipo diagnostico ma è volto a:
Stabilire il grado di insufficienza esocrina. Sebbene i test diretti siano i più precisi, sono stati sostituiti da quelli indiretti.
Decidere quando iniziare la terapia enzimatica sostitutiva. Tale decisione si basa prevalentemente su criteri cImici (comparsa di diarrea e malnutrizione), ma il dosaggio dei grassi fecali potrà confermare l'indicazione alla terapia medica anche nella  fase preclinica del malassorbimento evitando così il deterioramento delle condizioni; generali del paziente.
Determinare l'efficacia della terapia modificando eventualmente il dosaggio degli enzimi sostitutivi. Anche per questo scopo è indicato il dosaggio dei grassi fecali.

Diagnostica per immagini
La
radiografia diretta dell'addome in bianco" può documentare la presenza di calcificazioni o di calcoli pancreatici nel 30 % delle pancreatiti iniziali e nel 70%  delle forme avanzate. Essa contribuisce alla diagnosi di malattia e dà indicazione sulla sede cefalica, corpo-caudale o diffusa del processo infiammatorio.
La radiografia delle prime vie digestive con contrasto baritato può evidenziare, nei pazienti con importante sintomatologia emetica, la pancreatite cronica associata a distrofia cistica della parete duodenale.
L'
ecografia è la metodica strumentale di primo livello nello studio della pancreatite cronica. Essa permette di esplorare la ghiandola pancreatica per evidenziare un suo incremento volumetrico, la presenza di zone slerotiche o calcifiche  nel suo contesto e la visualizzazione di dilatazioni e cisti del dotto di Wirsung. Un reperto di normalità all'esame ecografico non esclude una lieve pancreatopatia ove le alterazioni morfologiche non siano ancora chiaramente evidenti. Per tale motivo  la sensibilità dell'ecografia percutanea risulta bassa, intorno al 65-70%; nella diagnosi delle forma lievi e moderate di pancreatite cronica è necessario ricorrere all'associazione dei tests diretti dì funzionalità che presentano una maggiore  sensibilità diagnostica. Sotto guida ecografia è possibile eseguire agospirati di cisti e pseudocisti e biopsie di masse pancreatiche sospette.
La
TAC fornisce informazioni in parte sovrapponibili all'ecografia: essa delinea le alterazioni di volume e forma della ghiandola, dimostrando la presenza di cisti e dilatazioni del dotto pancreatico e l'eventuale interessamento delle strutture  contigue ( Stenosi della via biliare principale, trombosi del sistema portale e pseudoaneurismi arteriosi ), con una accuratezza prossima al 90%.Anche per la tomografia vi è il limite della risoluzione nelle piccole dilatazioni del dotto pancreatico,  ossia della identificazione delle forme lievi di pancreatopatia. Rispetto all'ecografia la TAC presenta il vantaggio di fornire informazioni sul pattern vascolare dell'organo è quindi di dare indicazioni di diagnosi differenziale in caso di massa pancreatica  con sospetto di malignità. Anche la TAC consente l'esecuzione di biopsie guidate per la diagnosi citologica ed istologica di lesioni focali intraparenchimali.
Sempre di maggiore impiego è la
colangio-RMN con secretina che permette una visualizzazione del sistema duttale pancreatico sovrapponibile a quella ottenibile con la CPRE. Gli alti costi ditale metodica la rendono disponibile solo in centri  specializzati.

Diagnostica endoscopica
Nella sua modalità perendoscopica (
EUS), l'utilizzo di frequenze sonografiche più elevate consente un migliore studio della morfologia ghiandolare, diretto soprattutto  alla definizione di un piccolo nodulo intra-parenchimale quando sussista un dubbio diagnostico tra neoplasia e nodulo di sclerosi. Gli ecoendoscopi di ultima generazione oltre ad essere di minore calibro sono dotati di un canale operatore con possibilità  di eseguire agoaspirati mirati sotto guida ecografia. L'EUS può inoltre fornire dati accurati nello studio delle complicanze della pancreatite cronica quali le pseudocisti in cui consente di valutare lo stato delle pareti ed i suoi rapporti con le  strutture adiacenti.
La
CPRE è considerata lo strumento diagnostico elettivo per la diagnosi e la stadiazione della pancreatopatie croniche ed è di fondamentale importanza nello stabilire l'indicazione e la tattica chirurgica. La metodica dà un quadro delle  alterazioni morfologiche della ghiandola dimostrando la presenza di modificazioni duttali di tipo stenotico o dilatativo e l'eventuale presenza di precipitati endocanalari con una accuratezza diagnostica prossima al 90%.Essa inoltre permette la visualizzazione  dell'albero biliare , precisandone l'eventuale compromissione. Tra le classificazioni dei quadri pancreatografici, una delle più diffuse è quella di Kasugai che distingue le pancreatici croniche in forme lievi (sclerosi dei dotti periferici), forme  moderate (dilatazione e stenosi del dotto principale ) e forme gravi ( oltre al quadro precedente sono presenti cisti). Tuttavia la correlazione tra modificazioni morfologiche alla CPRE e danno funzionale ghiandolare risulta evidente solo per le forme  più avanzate di pancreatopatia lì riconoscimento e la classificazione delle forme lievi di pancreatite cronica rimane ancora un problema diagnostico e clinico.

Si può schematizzare l'approccio diagnostico alla pancreatite cronica nel seguente modo:
Il paziente che presenta una sospetta pancreatite cronica con dolore quale sintomo più eclatante deve essere sottoposto a CPRE.
Se la sintomatologia è caratterizzata più da segni di insufficienza esocrina vanno eseguiti i test di funzionalità indiretta.
Se entrambi questi esami risultano negativi ma permane il dubbio diagnostico, VI e indicazione all'esecuzione di un test diretto di funzionalità pancreatica, la cui sensibilità  è più elevata nelle forme iniziali.
Posta la diagnosi, la CPRE sarà utilizzata come metodica per la visualizzazione dell'albero pancreatico, mentre ecografia e TAC risulteranno utili soprattutto per la dimostrazione  di complicanze legate al processo infiammatorio cronico.
L'ecoendoscopia è elettiva nei casi in cui sia rilevata una piccola massa parenchimale per la diagnosi differenziale con una neoplasia mediante l'esecuzione di un esame citologico per agoaspirato ecoguidato.

Terapia
La terapia della pancreatite cronica si propone di alleviare il dolore e di correggere l'insufficienza esocrina ed endocrina, ma non modifica la storia naturale della malattia  la cui progressione verso l'insufficienza pancreatica terminale avviene inesorabilmente. Solo nelle forma iniziali, un trattamento medico ben condotto e l'assoluta sospensione dell'alcol possono arrestare l'evoluzione del processo infiammatorio.
Anche per il trattamento del dolore nella pancreatite cronica, l'aspetto più importante è rappresentato dalla sospensione del potus, elemento questo che consente di rallentare il deterioramento della funzione pancreatica. L'influenza dell'alcol  sul dolore è legata alla sua azione quale potente secretagogo e la percentuale di pazienti in cui tale sintomatologia dolorosa scompare o si riduce è maggiore tra quelli che hanno sospeso l'alcol.
lì trattamento medico del dolore pancreatico comprende la somministrazione di. analgesici dapprima minori ( acetaminofene, aspirina ) eventualmente associato ad ansiolitici, e quindi maggiori. L'inibizione della secrezione pancreatica quale misura  antalgica è stata tentata con la somatostatina (200 mcg s.c. tre volte al di) con risultai in qualche studio negativi, in qualche altro incoraggianti. Sotto studio l'octreotide che riduce il dolore nel 65% dei casi. La somministrazione di. questi farmaci  deve essere effettuata prima dei pasti, in modo da alleviare le crisi post-prandiali. Effetto analgesico è stato attribuito alla terapia sostitutiva con enzimi pancreatici, in particolare la tripsina, in virtù del fatto che possano ridurre la secrezione  pancreatica ristabilendo il feedback negativo interrotto dalla condizione di insufficienza esocrina. Infatti, se in condizioni normali la presenza in duodeno di enzimi pancreatici inibisce l'immissione in circolo di secretagoghi quali la colecistochinina  e la secretina, nel corso della pancreatite cronica con insufficienza esocrina la mancanza ditali enzimi non regola più l'increzione di questi ormoni.
Nei pazienti che non rispondono ad una energica terapia medica, si può ricorrere temporaneamente al riposo funzionale assoluto mediante alimentazione parenterale totale (TPN).
La correzione dell'insufficienza esocrina e quindi della steatorrea e della maldigestione secondaria all'insufficienza pancreatica, si basa sulla somministrazione di estratti  pancreatici associati a farmaci H2 bloccanti o PPI (inibitori della pompa protonica). Gli enzimi pancreatici vengono infatti denaturati irreversibilmente a pH inferiore a 4, per cui nel duodeno si può rilevare solo l'1-2% della normale attività  lipasica mentre ne occorrerebbe almeno il 10%.. Gli estratti pancreatici devono fornire almeno 10.000 Unità Internazionali (UI) di lipasi nelle 4 ore successive ad ogni pasto principale. L'uso di microsfere gastroprotette ad alto dosaggio, programmate  per liberare il loro contenuto ad un pH. intorno a 6, dovrebbe prescindere dalla terapia adiuvante con antisecretivi. Gli estratti pancreatici (solitamente di origine suina), vanno assunti durante o subito dopo il pasto e non all'inizio.
La correzione dell'insufficienza endocrina si riassume sostanzialmente nel controllo dell'iperglicemia da insufficiente produzione di insulina. Una dieta ipocalorica , a causa  delta coesistente maldigestione, è mal applicabile in questi pazienti ed il trattamento dell'iperglicemia viene effettuato con la somministrazione di insulina sotto costante controllo della glicemia per il rischio di crisi ipoglicemiche legate in parte  all'irregolarità nell'assunzione del cibo ed in parte all' alterata produzione di glucagone.
La terapia endoscopica si basa sulla sfinterotomia nei pazienti con stenosi a livello della papilla di Vater ( pancreatite cronica ostruttiva > e nella pancreatite cronica associata a mutazioni del gene della fibrosi cistica in cui sembra ritardare l'evoluzione  della malattia. La presenza di calcoli intraduttali è un'indicazione precisa all'esecuzione di una sfinterotomia endoscopica previa Litotrissia extracorporea.
Anche la chirurgia non è in grado di modificare la progressione della malattia, ma si propone di correggerne la sintomatologia e di trattare le complicanze. Sono queste ultime che guidano le indicazioni all'intervento chirurgico e non la presenza di  alterazioni anatomiche in assenza di sintomi. Le principali indicazioni al trattamento chirurgico sono:
Presenza di sintomatologia dolorosa cronica invalidante non controllabile con la terapia medica o con la neurolisi percutanea.
Presenza di nette modificazioni nella morfologia della ghiandola ( macrolitiasi intraduttale, cisti e/o pseudocisti ) o degli organo adiacenti ( Stenosi duodenale, stenosi coledocica, presenza di tramiti fistolosi ) alle quali sia direttamente riconducibile  la sintomatologia del paziente.

Diagnosi differenziale con la patologia neoplastica qualora le indagini strumentali non siano dirimenti.

La scelta del tipo di intervento (recettivo o derivativo ), si basa sui dati anatomici dell'albero duttale pancreatico forniti dalla CPRE. In circa il 40-50% la radiologia dimostra un dotto pancreatico dilatato ( maggiore o uguale ad i cm. ); in  questi casi dove la genesi del dolore si ritiene legata all'aumento della pressione endoduttale, l'intervento derivativo dì pancreatico-digiunostomia ha un'efficacia prossima all'85%, con mortalità operatoria e morbilità contenute. Laddove invece  la CPRE dimostra un pancreas con dotti piccoli e sclerotici, oppure vi sia la presenza di una o più lesioni settoriali quali cisti o masse di incerta natura, l'intervento resettivo trova la sua specifica indicazione. Le resezioni cefaliche (intervento  di Whipple) hanno ormai una mortalità operatoria ed una morbilità contenute ed una elevata efficacia (70% di scomparsa del dolore a distanza dall'intervento. La tecnica che prevede poi la conservazione del piloro (intervento di Longmire-Traverso)  e quindi conserva integralmente lo stomaco, dà dei risultati ottimali, ed è di evidente indicazione soprattutto per questa patologia in cui il deficit pancreatico comporta una maldigestione. Nelle localizzazioni corpo-caudali è possibile un intervento  di pancreasectomia distale con successiva pancreatico-digiunostomia (intervento di Puestow). Anche in questo caso, i risultati a distanza della terapia chirurgica della pancreatite cronica sono condizionati dalla effettiva sospensione dell'assunzione  di alcol da parte del paziente.

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