GASTROENTEROLOGIA - ENDOSCOPIA DIGESTIVA - STUDIO SPECIALISTICO

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Emorroidi

MALATTIE DELL'INTESTINO > ANO

Le emorroidi (dal greco αίμα = haîma , "sangue" e ῥέω = rhéó, "scorrere", col significato di "sanguinamento") sono dei cuscinetti di tessuto vascolare che giocano un importante ruolo nel mantenimento della continenza fecale.
Sono un componente normale e fisiologico delle strutture del canale anale e sono composte da tessuto vascolare che contiene un alto numero di strutture artero-venose anostomizzate, da tessuto connettivo con un alto contenuto di fibre elastiche e collagene.
Il termine emorroidi viene comunemente usato per definirne anche lo stato patologico (si dovrebbe più propriamente parlare di Malattia Emorroidaria).
Per tale patologia si intendono le varicosità delle vene del plesso venoso emorroidario (o plesso venoso rettale) ovvero di quel reticolo venoso che fa parte della mucosa anale e che è deputato alle funzioni di continenza e di evacuazione. I vasi sanguigni che si trovano nel plesso emorroidario sono soggetti a fenomeni patologici come infiammazioni o trombosi e sono spesso causa di una sintomatologia caratterizzata da bruciore, dolore, prurito e sanguinamento. A seconda della loro localizzazione, possiamo distinguere le emorroidi in emorroidi interne ed emorroidi esterne. Le prime si sviluppano all'interno del canale anale e sono indolori (a meno che non siano completamente prolassate o siano associate a ragadi), mentre quelle esterne appaiono come protuberanze dure e dolenti.
Secondo la definizione proposta dal SICCR (Società Italiana di Chirurgia Colon-Rettale), il tessuto emorroidario è fortemente vascolarizzato e ricco di anastomosi senza, al contrario di quando si crede, l'interposizione di alcun circolo capillare. Vi si trova tessuto connettivo e fibre elastiche e collagene. L'epitelio risulta costituito da cellule cilindriche mai cheratinizzate.

Funzione fisiologica
La zona ano-rettale è costituita da una complessa struttura nella quale vengono coordinate le funzioni di diversi tessuti di diversa natura istologica ed embriologica. Tale  zona è riccamente innervata sia da fibre sensitive che somatiche nonché  la presenza di una ricca irrorazione sanguigna, ciò consente a questi tessuti un'importante funzione fisiologica, che è quella di regolare la continenza. L'attività  congiunta della muscolatura dello sfintere e delle emorroidi permette  di regolare al meglio la continenza. I tre cuscinetti emorroidali sono costituiti da una fitta rete di vasi anastomizzati che possono velocemente riempirsi e svuotarsi di sangue, aumentando  o diminuendo rapidamente di volume. La rapida variazione di  volume e di tensione delle emorroidi permette una sinergica attività contenitiva nei confronti del contenuto del retto.
Il tono e l'attività della muscolatura dello sfintere anale condiziona l'attività dei cuscinetti emorroidari, sia attraverso una diretta compressione meccanica esercitata  su questi, sia mediante la modulazione del flusso ematico all'interno delle  emorroidi. In questo modo i cuscinetti emorroidari perfezionano l'attività contenitiva del tratto finale del retto. La continenza è perciò regolata dall'attività sinergica  dello sfintere e delle emorroidi che fungono da guaina per lo sfintere,  sigillando l'apertura dell'ano. È per tale motivo che l'ano riesce a trattenere in maniera efficace non solo materiale solido, ma anche liquidi e gas.
Risulta perciò chiaro come il rispetto di tutte le struttura dell'ano risulti fondamentale per non compromettere la funzionalità della continenza.
A causa del prolasso della mucosa del retto, le emorroidi scivolano verso il basso e, non trovandosi più nella localizzazione anatomica fisiologica, possono diventare dolenti.
Spesso in passato, ma ancora molto diffuso oggi, era, in caso di presenza di emorroidi dolenti, l'asportazione del tessuto emorroidario, definita emorroidectomia di Milligam Morgan.
Tale intervento, lesionando l'anatomia del retto, compromette la sua continenza, oltre che a rappresentare un intervento cruento e doloroso.

Eziologia e fattori di rischio
L'eziologia della malattia emorroidaria è multifattoriale. Sicuramente  si può parlare di predisposizione ereditaria (i soggetti che hanno una storia familiare di malattia emorroidaria presentano un rischio tre volte superiore alla norma), ma un    ruolo importante lo gioca sicuramente lo stile di vita, infatti certi fattori scatenanti trovano terreno più fertile in quei soggetti più predisposti, familiarmente, alla malattia.
I principali sono:
Regime alimentare: un'alimentazione scorretta può sicuramente essere un fattore scatenante della malattia emorroidaria; molto spesso infatti una dieta non adeguata può essere causa di stitichezza, disturbo che favorisce l'insorgenza delle    emorroidi. Vi sono poi alimenti che, secondo molti autori, giocano un ruolo importante nello scatenare le crisi emorroidarie (alcol, alimenti piccanti, cacao, cioccolato, salumi, spezie ecc.) anche se non tutti concordano su questo punto.
Diarrea cronica: La diarrea cronica può provocare fenomeni irritativi della mucosa che predispongono all'insorgenza di emorroidi.
Postura: Le attività lavorative sedentarie o quelle che costringono il soggetto a una prolungata stazione eretta provocano molte volte un aumento della pressione delle vene presenti nel plesso emorroidario. Anche alcune attività sportive    (ciclismo, equitazione, motociclismo ecc.) sono più predisponenti di altre allo sviluppo di emorroidi dal momento che sono causa di traumi ripetuti  a carico delle strutture che sostengono il canale anale.
Farmaci: L'assunzione di farmaci a base di ormoni, di anticoncezionali, di lassativi  ecc. può favorire l'insorgenza degli episodi emorroidari acuti.
Gravidanza e ciclo mestruale: Alterazioni ormonali ed effetti meccanici dovuti alla gravidanza e le mestruazioni aumentano il rischio di crisi emorroidarie.
Il quadro patologico si presenta, in linea di massima, equamente diviso fra i due sessi; l'insorgenza avviene generalmente fra i quaranta e i sessantacinque anni di età.

Patologia

Fino alla metà degli anni '90, anche se ancora è molto diffusa tale corrente di pensiero, si pensava che per diverse cause, quali sforzi, una dieta alimentare scorretta,  l'utilizzo di cibi speziati o una vita sedentaria, fossero le causa dell'insorgenza  della malattia emorroidaria. Secondo tale corrente di pensiero, a causa di questi fattori, la mucosa contenente le emorroidi cominciava a prolassare, i capillari cominciavano  a sfiancarsi e, non più trattenuti nell'ano, cominciavano a fuoriuscire.  Le emorroidi risultavano congestionate ed infiammate e, se ne veniva compromessa la qualità della vita, dovevano essere asportate. Secondo la teoria di Thomson, il dislocamento  distale del canale anale era la causa delle emorroidi. Lo scivolamento  delle strutture vascolari, sostenuto dalle fibre muscolari lisce e connettivali, nonché la lassità della muscolaris mucosae, causato da un naturale processo involutivo che ne  deteriora la struttura, portandone ad un progressivo assottigliamento,  doveva essere alla base della fuoriuscita delle emorroidi che, considerate patologiche, dovevano essere rimosse.
Più recenti studi hanno invece messo in luce che la teoria di Thomson, sebbene possa essere in parte accettata, non sia il fattore scatenante la patologia emorroidaria. Anzi,  le emorroidi non vengono più considerate patologiche, non vengono più  considerate la causa della patologia, quanto l'effetto di un'altra patologia, che si trova più a monte, ed è il prolasso della mucosa del retto. Alla luce di tale  scoperte, le emorroidi non sono più viste come patologiche, ma come l'effetto  della patologia, e non è quasi più necessario provvedere con l'emorroidectomia per risolvere il problema.
L'alterazione della mucosa, come descritta da Thomson, è necessaria, ma non sufficiente per causare il prolasso. Perché si verifichi il prolasso è anche necessario il dislocamento della mucosa distale del retto. Tale dislocamento determina l'alterazione   della struttura vascolare dei cuscinetti emorroidari. I vasi emorroidari superiori vengono stirati ed allungati, quelli mediani ed inferiori vengono alterati portando alla formazione di strutture definite strutture di Kings, mentre le emorroidi esterne   vengono alterate perdendo in parte la loro funzione di coadiuvante della continenza.
Tutte queste modifiche strutturali rappresentano un ostacolo al deflusso venoso, favorendo una stasi del sangue nei tessuti che causa il rigonfiamento del tessuto, con conseguente dolore ed eventuale sanguinamento. Se il prolasso emorroidario è esterno   ed il tessuto è ricco di sangue, il prolasso può avere difficoltà a rientrare perché bloccato dallo sfintere. Ne consegue trombizzazione e dolore.

Descrizione
Vengono suddivise in due tipi, a seconda della localizzazione anatomica:
emorroidi interne, che si trovano nell'ambito delle colonne anali, in corrispondenza della linea pettinata. Tributarie della vena porta, sono localizzate nello spazio sottomucoso  al di sopra delle valvole di Morgagni, separato, per mezzo del canale    anale;
Sono in numero di 3 e sono poste in posizione anteriore, laterale destra e sinistra. Se idealmente poste su un quadrante di un orologio, si troverebbero a ore 11 (quella anteriore), ad ore 3 (quella destra) a ore 7 (quella sinistra)
emorroidi esterne che sono collocate nella parte esterna dell'ano, in comunicazione con le emorroidi interne tributarie della vena cava inferiore.

Gli stadi della malattia emorroidaria
La distinzione fra emorroidi interne ed esterne è, secondo alcuni autori, superata dalla classificazione che  ne viene fatta in base alla  gravità del quadro; in base a questa classificazione si distinguono quattro diversi gradi (o stadi) della malattia emorroidaria:

  • Le emorroidi di I grado sono ubicate all'interno del canale anale e di conseguenza non sono visibili se non tramite esame anoscopico; sono generalmente indolori  e il soggetto che ne è affetto si rende conto della loro presenza solo in caso di sanguinamento.

  • Le emorroidi di II grado sono ubicate all'interno del canale anale, ma prolassano all'esterno durante l'atto defecatorio per poi rientrare in modo spontaneo. Nel caso di emorroidi di II grado sono presenti sanguinamento e fastidio.

  • Le emorroidi di III grado prolassano persistentemente all'esterno del canale anale ed è necessaria una manovra manuale di riposizionamento al fine di farle rientrare all'interno del canale stesso.

  • Le emorroidi di IV grado sono quelle impossibili da riposizionare all'interno del canale anale per cui la mucosa anale è costantemente a contatto con gli indumenti.

I sintomi
I sintomi più caratteristici della malattia emorroidaria sono rappresentati dal sanguinamento, dal prolasso, dal dolore, dal prurito, dalle perdite mucose e dal fastidio a livello anale.
Il sanguinamento è, senza ombra di dubbio, il sintomo che compare più di frequente; come accennato all'inizio, in certi stadi della malattia è infatti l'unico motivo che può far sospettare la presenza di emorroidi.
Le perdite ematiche causate dalle emorroidi si distinguono da quelle provenienti dal     colon per la colorazione più intensa.
Anche il dolore e il prurito sono sintomi abbastanza frequenti nel soggetto affetto da emorroidi; negli stadi iniziali sia dolore che prurito non sono particolarmente intensi e molte persone riescono a convivere abbastanza bene con questa sintomatologia.
Non è infrequente che la patologia, quando si trova ancora agli stadi iniziali, regredisca completamente o comunque si stabilizzi.
I veri problemi si verificano quando il quadro patologico ha raggiunto il III o il IV grado.

In questi casi la patologia può rivelarsi estremamente penalizzante della qualità della vita, interferendo pesantemente in tutte le attività del  soggetto.
Il dolore, il fastidio e il prurito possono infatti raggiungere livelli molto intensi creando problemi anche nei movimenti più banali. Inoltre, per quanto le emorroidi non possano essere considerate una grave patologia, possono essere causa di complicanze  più serie (anemia, flebite, ragadi, trombosi).

La diagnosi
La diagnosi è basata essenzialmente sulla presenza dei sintomi descritti in precedenza.
Una valutazione precisa della gravità del quadro clinico viene effettuata attraverso l'indagine anoscopica, un esame che viene effettuato introducendo nel canale anale uno strumento monouso chiamato anoscopio (anche proctoscopio).

La prevenzione
In presenza di recidive o volendo prevenire il problema (specialmente nel caso in cui ci sia una certa familiarità della malattia) la prima cosa da fare è attenersi a un  corretto stile di vita che comprenda al suo interno l'abbandono della sedentarietà e la cura per un'alimentazione corretta.
L'attività fisica, una dieta ricca di frutta e verdura (e conseguentemente ricca di apporto di acque e fibre), l'impiego  di cibi ad hoc (come gli yogurt con probiotici), un'attenzione alla proprio assetto psicologico  (eliminazione dello stress, attenzione al proprio corpo ecc.), permettono oggi di eliminare il problema della stitichezza, che costituisce un fattore di rischio  e comunque un aggravamento dei sintomi nel caso di patologia già in atto.
Durante la fase acuta, è utile correggere ulteriormente la propria dieta (si veda la dieta per le emorroidi).

La terapia
La terapia delle emorroidi è ovviamente relazionata alla gravità del quadro patologico.
Molte volte, nei casi meno gravi (emorroidi di I e II grado), sono sufficienti, oltre a quelli riportati poco sopra, alcuni semplici accorgimenti.
Uno di questi consiste nella cura della propria igiene personale: la parte deve essere lavata con acqua tiepida e sapone acido e asciugata tamponando delicatamente con un panno morbido. Evitare assolutamente l'applicazione di ghiaccio che peggiora i sintomi.
È importante inoltre evitare ogni aumento pressorio dei vasi sanguigni del retto: si eviti il sollevamento di oggetti molto pesanti e di fare sforzi eccessivi o prolungati nella defecazione.
Un certo aiuto può venire dall'applicazione di pomate locali: esistono pomate da applicare localmente per alleviare i sintomi e aiutare il rientro spontaneo delle emorroidi nella loro sede naturale. Si deve però fare attenzione a rispettare i tempi, le dosi e le modalità di applicazione per garantire al massima efficacia.
Quando invece il quadro patologico è più serio (emorroidi di III e IV grado) è spesso necessario il ricorso a tecniche più o meno drastiche; una pratica suddivisione è quella che distingue fra tecniche ambulatoriali e trattamenti di tipo chirurgico.
Le tecniche ambulatoriali hanno lo scopo di decongestionare il plesso emorroidario attraverso modalità di tipo meccanico (la legatura), chimico (scleroterapia) e termico (coagulazione a raggi infrarossi, crioterapia e laserterapia).

L'efficacia delle tecniche ambulatoriali risulta inferiore a quella ottenibile con le tecniche chirurgiche. A questo proposito vogliamo ricordare che la crioterapia, una tecnica oggi molto di "moda" e ampiamente pubblicizzata, non viene considerata, secondo le linee-guida delle società coloproctologiche italiane (SICCR e SIUCP) ed estere, una tecnica adeguata per la cura delle emorroidi.
Le tecniche chirurgiche sono sicuramente più invasive, ma più risolutive anche se le recidive non vengono totalmente escluse.
I trattamenti chirurgici vengono effettuati secondo varie tecniche (dilatazione anale, emorroidectomia aperta secondo Ferguson, emorroidectomia aperta secondo Milligan e Morgan, emorroidectomia aperta con harmonic scalpel, dearterizzazione emorroidaria sotto guida doppler, prolassectomia con stappler detta anche emorroidectomia secondo Longo), le più usate attualmente sono l'emorroidectomia secondo Milligan e Morgan e la tecnica di Longo. La prima tecnica, meno recente, è basata sull'asportazione dei noduli emorroidari attraverso le legature effettuate alla base del peduncolo vascolare. Il decorso operatorio è piuttosto lungo (4-6 settimane) e non totalmente indolore.
La tecnica di Longo (
PPH, Procedure for Prolapse Haemorroids) è basata sostanzialmente sul riposizionamento delle emorroidi prolassate; questa tecnica, messa a punto dal dottor Antonio Longo nel 1993, permette un recupero più veloce (dai 10 giorni alle due settimane) e, secondo diversi autori, riduce   maggiormente  la sintomatologia dolorosa rispetto alla tecnica di Milligan e Morgan.

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