GASTROENTEROLOGIA - ENDOSCOPIA DIGESTIVA - STUDIO SPECIALISTICO

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Calcolosi

MALATTIE DELLA COLECISTI

La Colelitiasi o Calcolosi della colecisti (cistifellea) è un quadro patologico caratterizzato dalla presenza di concrezioni (calcoli) di natura e dimensioni  diverse all'interno della colecisti. Questa malattia può essere presente, pur senza sintomatologia, in più del 15% della popolazione sopra i 40 anni.

La Bile
La bile è una secrezione acquosa costituita da colesterolo, fosfolipidi (soprattutto lecitina), sali biliari, elettroliti, proteine e bilirubina, indispensabile alle prime  fasi di digestione degli alimenti a livello del tratto gastroenterico superiore (per precisione nel duodeno, che è il primo tratto dell'intestino, subito dopo lo stomaco). La bile viene prodotta nel fegato e in parte si raccoglie nella colecisti (detta  anche cistifellea) per essere concentrata, prima di essere convogliata lungo le vie biliari (dotto epatico, dotto cistico, coledoco) ed essere liberata nel duodeno. Nel duodeno, al termine della contrazione della colecisti, è possibile isolare una  miscela di bile epatica, bile colecistica, succo pancreatico e, in minima parte, succo duodenale, tutti concorrenti al processo digestivo del cibo che ha superato lo stomaco.

Patogenesi ed epidemiologia
Ha una prevalenza del 10-15% nella popolazione adulta dei Paesi industrializzati. Il 75-80% dei calcoli della colecisti sono calcoli di colesterolo (calcoli colesterinici
), dovuti ad una perdita di equilibrio tra il colesterolo stesso, gli acidi  biliari e fosfolipidi.
Questo mancato equilibrio è di solito accompagnato da altri fattori, quali la stasi della bile, alterazione del muco biliare, l’aumento della concentrazione della bilirubina ed altro. Nei Paesi occidentali prevalgono i calcoli di colesterolo  (dove il colesterolo rappresenta almeno il 50% del contenuto). Oltre al colesterolo, in tutti i calcoli è comunque dimostrabile la presenza di vari altri componenti: fosfati, carbonato di calcio, bilirubinato, acido palmitico, fosfolipidi, glicoproteine  e mucopolisaccaridi.

Solo nel 20% dei casi i calcoli biliari contengono colesterolo per meno di un terzo e sono prevalentemente formati da fosfato e carbonato di calcio: vengono  chiamati calcoli pigmentari.
Molti calcoli sono di
tipo misto.

Fattori predisponenti

  • Età: La malattia è rarissima prima dell'adolescenza, ma aumenta progressivamente con l'età. Oltre i 70 anni, la prevalenza  è del 20% negli uomini e del 35% nelle donne.

  • Familiarità: Il rischio di colelitiasi è più elevato nei figli di soggetti portatori della stessa malattia. L'aumento del rischio è indipendente da altri fattori quali obesità, dieta ecc. a testimonianza di quanto siano rilevanti i fattori  genetici nella patogenesi della colelitiasi.

  • Sesso femminile e gravidanza: Abbiamo già detto come la prevalenza della colelitiasi sia più che doppia nelle donne rispetto agli uomini. Gli ormoni femminili hanno effetti sia sulla secrezione di colesterolo biliare (con tendenza alla più rapida  cristallizzazione del colesterolo nella colecisti) che sulla motilità colecistica (aumento della stasi biliare). Il progesterone, ad esempio, è in grado di inibire la motilità colecistica attraverso un effetto diretto sulla muscolatura dell'organo.  Detto ciò è comprensibile che la gravidanza rappresenti un'ulteriore fattore predisponente, vista la quota molto elevata di estrogeni e progesterone che caratterizza questa fase della vita della donna. In effetti in gravidanza vi è un frequente  riscontro di "sabbia biliare" nella colecisti. La sabbia biliare è un deposito di cristalli di colesterolo, bilirubinato e sali di calcio, che può fare da precursore o da fattore di rischio per i calcoli biliari, anche se, in un'elevata percentuale  di casi, si assiste alla scomparsa della sabbia nei mesi successivi al parto. Inoltre, la colelitiasi si forma in circa il 10% delle donne in puerperio per poi regredire spontaneamente nel 30% dei casi.

  • Farmaci: L'uso prolungato di estrogeni, come nel caso della terapia sostitutiva in donne in postmenopausa sembra aumentare di due volte il rischio di colelitiasi. Nei maschi sottoposti a terapia estrogenica come ormonoterapia del carcinoma prostatico  è stato rilevato un frequente riscontro di colelitiasi colesterinica.

  • Anche i contraccettivi orali vanno considerati come potenziali fattori di rischio litogenico.

  • Obesità: E’ uno dei fattori di rischio più importanti per la colelitiasi. Favorisce sia la sintesi dei calcoli di colesterolo sia la riduzione della motilità  della colecisti.

  • Diete:

A) Il rapido dimagrimento ottenuto con l'impiego di diete a basso contenuto calorico si è rivelato un chiaro fattore di rischio per calcolosi biliare  in circa un terzo dei pazienti. Infatti se le calorie immesse nell'organismo sono scarse vi è come compenso un’aumentata secrezione di colesterolo nella bile; in più lo scarso stimolo prandiale porta ad una riduzione del meccanismo di contrazione  colecistica con conseguente stasi biliare.
B) Sembra inoltre che diete prive di fibre e ricche in carboidrati raffinati o ricche di grassi si associno ad elevato rischio di calcoli biliari.
C) Al contrario vi sarebbe un effetto protettivo da parte delle diete vegetariane e di quel moderato consumo di alcool che giornalmente viene consigliato anche in altri ambiti della medicina.
D) In pazienti che necessitano di nutrizione parenterale totale è frequente il riscontro di sabbia biliare con lo stesso meccanismo di stasi colecistica causato dallo scarso stimolo prandiale; in caso di dieta prolungata, può evolvere verso la colelitiasi  o anche verso episodi di colecistite acuta alitiasica (senza calcoli).

  • Diabete. Nel diabete vi è una ridotta motilità colecistica e un aumento della secrezione biliare di colesterolo. Inoltre il  diabete spesso si associa ad altri due importanti fattori di rischio quali obesità ed ipertrigliceridemia.

  • Lipidi sierici. un aumento del rischio di colelitiasi si osserva nell'ipertrigliceridemia. Non sembra invece che i livelli di colesterolemia  totale siano direttamente correlati al rischio litogenico.

I sintomi della malattia dipendono dalla quantità, dalle dimensioni e dalla ubicazione delle concrezioni.
Circa il 70% dei pazienti colelitiasici sono asintomatici.
Normalmente i disturbi principali accusati possono essere: meteorismo, malessere ai quadranti superiori dell’addome, intolleranza per alcuni alimenti (dispepsia).
Solo il 40% circa dei Pazienti affetti da calcolosi biliare può andare incontro a complicazioni più o meno rilevanti.
I calcoli più piccoli e più numerosi sono quelli che hanno più probabilità di causare sintomatologie e complicanze più importanti.
Le loro dimensioni infatti sono tali da permettere loro maggiore mobilità, che può dare origine alle cosiddette
coliche biliari con dolori improvvisi ed intensi,  qualora imbocchino il dotto cistico.
I dolori sono molto forti e possono irradiarsi fino alla spalla destra. Il dolore, che viene definito dagli esperti come "dolore di intensità costante", che dura più di  15-30 minuti ma meno di 5 ore, di solito localizzato a livello dell'epigastrio e/o del quadrante addominale superiore destro, talvolta irradiato posteriormente. Quando è intenso il dolore può causare nausea, vomito e fenomeni vasomotori.
Per alleviare la sintomatologia vengono utilizzati gli antispastici e gli antiinfiammatori oltre ai comuni analgesici.
Non è soltanto il dolore determinato dal loro passaggio attraverso questo dotto biliare verso l’intestino a destare preoccupazione, ma è anche la possibilità che essi hanno di influire sullo svuotamento della stessa colecisti, ostruendo  totalmente o parzialmente il transito della bile.
Nel caso l’ostruzione si stabilisse a livello del dotto coledoco le complicazioni e la terapia diverrebbero discretamente più complesse e la sintomatologia varierebbe.

Diagnosi
La diagnostica per immagini è indispensabile per poter confermare il sospetto clinico di colelitiasi.
Ecografia
Rappresenta indubbiamente la tecnica di scelta per la diagnosi di colelitiasi a causa di numerosi vantaggi: è provvista di un'elevata accuratezza diagnostica che varia dal 90 al 95%, non espone il paziente a radiazioni, può essere impiegata per    seguire nel tempo i soggetti a rischio. Inoltre, permette lo studio:
della parete colecistica per valutare le complicanze della calcolosi (parete ispessita >3-4 mm nella colecistite acuta o in alcune forme di colecistite cronica)
degli organi circostanti (fegato e vie biliari).
I calcoli sono generalmente visualizzati come una o più formazioni iperecogene contenute nel lume della colecisti: a volte galleggiano nella bile (se sono calcoli di colesterolo puro), altre volte sono adagiati in senso gravitario su una parete della    colecisti, altre volte sono aderenti alle pareti della colecisti non necessariamente disposti in senso gravitario. Spesso si osserva il cosiddetto "cono d'ombra" distale (colonna priva di echi dietro al calcolo a causa di una completa riflessione degli    ultrasuoni)
I calcoli si presentano mobili con le variazioni del decubito del paziente. L'ecografia permette di visualizzare già calcoli di 2-3 mm, sebbene non riesca a chiarire la composizione del calcolo (colesterolo puro, pigmenti, calcificazione).
Il quadro ecografico più frequente è quello in cui si osserva la contemporanea visualizzazione della colecisti e del/i calcolo/i con cono d'ombra distale. Aspetti ecografici meno frequenti consistono nella visualizzazione del calcolo con mancata    visualizzazione del lume della colecisti o l’evidenziazione di calcoli senza cono d'ombra distale.
Tomografia assiale computerizzata (TAC)
Presenta un'elevata sensibilità nella dimostrazione del grado di calcificazione dei calcoli colesterinici ma una bassa sensibilità per calcoli di colesterina pura (che non appaiono diversi dalla bile circostante). I costi elevati della tecnica e    l'esposizione del paziente alle radiazioni sconsigliano l'impiego della TAC su larga scala per la diagnosi routinaria di colelitiasi.

Terapia
Esistono attualmente terapie, che, accompagnate da una particolare dieta, possono allontanare la possibilità di formazione di calcoli ed addirittura farmaci che vengono somministrati per distruggere particolari concrezioni.
Altrimenti la chirurgia, con l’asportazione della colecisti, e l'endoscopia gastroenterologica (ERCP), possono essere ritenute come unico rimedio.
Se il paziente è asintomatico, la condotta di ATTESA con rivalutazioni diagnostiche periodiche rimane la scelta migliore.
Vanno considerate eccezioni alla terapia d’attesa quelle condizioni di colecistolitiasi che, pur asintomatiche, costituiscono dei fattori di rischio per carcinoma colecistico:  la presenza di colecisti "a porcellana" ed una colecisti completamente  piena di calcoli o con almeno un calcolo di dimensioni superiori a 2.5-3 cm. Inoltre vale la pena di asportare la colecisti calcolotica anche in caso di reperto occasionale durante  una laparotomia eseguita per altro motivo. Nella maggior parte dei casi sintomatici da avviare ad una cura, nelle eccezioni alla condotta di attesa appena descritte e naturalmente in caso di complicanze (colecistite) si applica senz’altro la TERAPIA CHIRURGICA che consiste nell’asportazione    della colecisti (colecistectomia). Tale intervento è l’unico approccio veramente valido e radicale nella colelitiasi sintomatica anche perché è l’unico che consente di evitare le recidive.  
Al giorno d’oggi la tecnica chirurgica eminentemente utilizzata, praticabile nel 95% dei casi, è la colecistectomia per via laparoscopica (VLC), che, senza aprire la parete addominale (“a cielo coperto”), prevede l’impiego di un tubo a fibre ottiche inserito in sede ombelicale (che consente una videoscopia del campo operatorio) e l’introduzione videoguidata di due o più strumenti operatori in altri punti addominali per eseguire l’asportazione della colecisti.

Questo tipo di intervento non risulta praticabile in circa il 5% dei casi; in tali casi si rivela necessario convertire l’intervento in una classica colecistectomia laparotomica (cioè occorre aprire la parete addominale del paziente). Si tratta    generalmente di pazienti obesi, o con aderenze, o con complicanze sottostimate (colecistite acuta ed empiema della colecisti).
La colecistectomia laparoscopica è affidabile quanto la colecistectomia laparotomica, se eseguita da personale esperto; richiede ricoveri più brevi; provoca meno dolori e ha tempi di convalescenza più rapidi con ripresa più rapida dell’attività lavorativa; esita in un danno estetico da cicatrice molto limitato.

La TERAPIA MEDICA è proponibile solo nel 10-15% di pazienti sintomatici con colelitiasi non complicata, calcoli di tipo colesterinico non voluminosi, colecisti normofunzionante, pazienti che rifiutano l'intervento chirurgico o che presentano un elevato    rischio operatorio a causa di altre condizioni cliniche associate.
Le opzioni attualmente disponibili (non necessariamente tutte nello stesso centro) includono:
a) la terapia litolitica orale con acidi biliari idrofilici quali l’acido ursodesossicolico o analoghi: richiede calcoli radiotrasparenti (non calcificati) di diametro inferiore a 10 mm, pazienti non obesi con sintomatologia modesta. Vi è un    successo del 50-60% ma con recidive a 5 anni del 50-60%,

b) la litotrissia con onde d'urto extracorporee (ESWL) associata a terapia litolitica orale. Richiede la presenza di un calcolo unico, radiotrasparente,  di diametro superiore a 5 mm ma inferiore a 30 mm, oppure di 2-3 calcoli radiotrasparenti di massa globalmente simile. Le onde d’urto devono poter essere indirizzate lungo tragitti che escludano tessuto polmonare od osseo. Non vi devono essere  complicanze della colelitiasi. I risultati a volte scadenti, le recidive e le complicanze del trattamento ne hanno di molto ridotto i consensi.
c) la litolisi topica con solventi quali il metil-ter-butil etere (MTBE) dopo puntura percutanea transepatica. Viene impiegata più che altro in pazienti sintomatici non altrimenti  trattabili, con calcoli radiotrasparenti di diametro superiore a 30 mm. o in numero superiore a 3.

Complicanze della colelitiasi:
Colecistiti, Carcinoma della colecisti, Litiasi delle vie biliari.

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