GASTROENTEROLOGIA - ENDOSCOPIA DIGESTIVA - STUDIO SPECIALISTICO

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Neoplasie Maligne - CCR

MALATTIE DELL'INTESTINO > COLON

Il Cancro del Colon Retto (CCR)
Il cancro del colon-retto è la più frequente neoplasia maligna dell'apparato gastrointestinale ed in assoluto una delle principali cause di morte per cancro.
Nei Paesi occidentali il cancro del colon-retto rappresenta il terzo tumore maligno per incidenza e mortalità, dopo quello della mammella nella donna e quello del polmone nell'uomo. Il CCR rappresenta la seconda causa di morte per tumore in Europa  e in Italia.
In Italia l'incidenza varia, nelle diverse Regioni, da 26 a 53 nuovi casi/anno ogni 100.000 abitanti; i tassi più alti si registrano nel centro-nord dell'Italia.
I pazienti che muoiono a causa di questa patologia sono circa 18.000 all'anno e le proiezioni future ipotizzano un ulteriore aumento.
In Italia si osservano, annualmente, circa 40 nuovi casi ogni 100.000 abitanti.
La malattia, abbastanza rara prima dei 40 anni, è sempre più frequente a partire dai 60 anni, raggiunge il picco massimo verso gli 80 anni e colpisce in egual misura uomini e donne.
Le sedi più spesso coinvolte sono il retto ed il sigma; negli ultimi anni si è comunque osservato un aumento delle localizzazioni di tumori nel colon destro.
Negli ultimi anni si è assistito a un aumento del numero di tumori, ma anche a una diminuzione della mortalità, attribuibile soprattutto a un'informazione più adeguata,  alla diagnosi precoce e ai miglioramenti nel campo della terapia.

Fattori di rischio

Molte sono le cause che concorrono a determinare la malattia: tra esse ne sono state individuate alcune legate alla dieta e all'alimentazione, altre genetiche e altre di tipo non ereditario.

Fattori nutrizionali: molti studi dimostrano che una dieta ad alto contenuto di calorie, ricca di grassi animali e povera di fibre è associata a un aumento dei tumori intestinali; viceversa, diete ricche di fibre (cioè caratterizzate da un alto consumo di frutta e vegetali) sembrano avere un ruolo protettivo.

Fattori genetici: è possibile ereditare il rischio di ammalarsi di tumore del colon-retto se nella famiglia d'origine si sono manifestate alcune malattie che predispongono alla formazione di tumori intestinali. Tra queste sono da segnalare le poliposi adenomatose ereditarie (tra cui l'adenomatosi poliposa familiare o FAP, la sindrome di Gardner e quella di Turcot) e quella che viene chiamata carcinosi ereditaria del colon-retto su base non poliposica (detta anche HNPCC o sindrome di Lynch). Si tratta di malattie trasmesse da genitori portatori di specifiche alterazioni genetiche, e che possono anche non dar luogo ad alcun sintomo. La probabilità di trasmettere alla prole il gene alterato è del 50 per cento, indipendentemente dal sesso.

Fattori non ereditari: sono importanti l'età (l'incidenza è 10 volte superiore tra le persone di età compresa tra i 60 e i 64 anni rispetto a coloro che hanno 40-44 anni), le malattie infiammatorie croniche intestinali (tra le quali la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn), una storia clinica passata di polipi del colon o di un pregresso tumore del colon-retto. Polipi e carcinomi che non rientrano tra le sindromi ereditarie illustrate sopra vengono definiti "sporadici", sebbene anche in questo caso sembra vi sia una certa predisposizione familiare. Si stima che il rischio di sviluppare un tumore del colon aumenti di 2 o 3 volte nei parenti di primo grado di una persona affetta da cancro o da polipi del grosso intestino.

Tipologie
La maggior parte dei tumori del colon-retto deriva dalla trasformazione in senso maligno di polipi, ovvero di piccole escrescenze, di per sé benigne, dovute al proliferare  delle cellule della mucosa intestinale. Non tutti i polipi, però, sono a rischio di malignità. Ve ne sono infatti tre diversi tipi: i cosiddetti polipi iperplastici (cioè caratterizzati da una mucosa a rapida proliferazione), amartomatosi (detti  anche polipi giovanili e polipi di Peutz-Jeghers) e adenomatosi. Solo questi ultimi costituiscono lesioni precancerose e di essi solo una piccola percentuale si trasforma in neoplasia maligna.
La probabilità che un polipo del colon si evolva verso una forma invasiva di cancro dipende dalla dimensione del polipo stesso: è minima (inferiore al 2 per cento) per  dimensioni inferiori a 1,5 cm, intermedia (2-10 per cento) per dimensioni di 1,5-2,5 cm e significativa (10 per cento) per dimensioni maggiori di 2,5 cm. Una volta trasformatasi in tessuto canceroso, la mucosa intestinale può presentarsi con caratteristiche  diverse a seconda dell'aspetto visibile al microscopio, e di conseguenza prendere un nome diverso: adenocarcinoma, adenocarcinoma mucinoso, adenocarcinoma a cellule ad anello con castone, carcinoma (più raro). Inoltre tutti i cancri del colon-retto  possono avere un aspetto a polipo, a nodulo oppure manifestarsi con ulcere della mucosa.

Sintomi
Nella maggior parte dei casi i polipi non danno sintomi; solo nel 5 per cento dei casi possono dar luogo a piccole perdite di sangue rilevabili con un esame delle feci per la ricerca del cosiddetto "sangue occulto".
Il tumore del colon-retto si manifesta, nella metà dei casi, nel sigma (ovvero nell'ultima parte del colon vero e proprio) e nel retto; in un quarto di malati è il colon ascendente a essere colpito, mentre la localizzazione della malattia nel colon  trasverso e in quello discendente si verifica in un caso su cinque circa.

Al momento della diagnosi, circa un terzo dei malati presenta già metastasi a livello del fegato e, comunque, una parte delle persone colpite andrà  incontro a una diffusione della malattia a livello del fegato, perché i due organi sono strettamente   collegati dal punto di vista della circolazione sanguigna. I sintomi sono molto variabili e condizionati da diversi fattori quali la sede del tumore,  la sua estensione e la presenza o assenza di ostruzioni o emorragie: ciò fa sì che le manifestazioni   del cancro siano sovente sovrapponibili a quelle di molte altre malattie addominali o intestinali. Per questo sintomi precoci, vaghi e saltuari  quali la stanchezza e la mancanza di appetito, e altri più gravi come l'anemia e la perdita di peso, sono   spesso trascurati dal paziente. Talora una stitichezza ostinata, alternata a diarrea, può costituire un primo campanello d'allarme.

Diagnosi

La diagnosi si avvale dell'esame clinico, che consiste nella palpazione dell'addome alla ricerca di eventuali masse a livello dell'intestino, del fegato e dei linfonodi, e nell'esplorazione rettale (circa il 70 per cento dei tumori del retto si sente    con le dita).
In aggiunta alla clinica esistono poi diverse indagini strumentali che permettono di diagnosticare il tumore e, in seguito, di eseguirne la stadiazione, ovvero di valutarne la gravità. L'esame più specifico è la colonscopia che, grazie alla possibilità    di eseguire una biopsia, consente di fare subito l'analisi istologica, ovvero l'esame del tessuto. In alternativa, quando la lesione ha raggiunto una grandezza superiore a un centimetro, si possono utilizzare altre metodiche, quali il clisma opaco a   doppio  contrasto e l'ecografia transrettale, che è utile anche per definire, in fase preoperatoria, il grado di infiltrazione del tumore nella parete dell'intestino; l'ecografia fornisce anche indicazioni sullo stato dei linfonodi più vicini.

In questo caso assume un ruolo fondamentale la riabilitazione sia fisica sia psicologica dei pazienti portatori di stomia. La radioterapia preoperatoria  può, in casi selezionati, ridurre il volume e l'estensione tumorale, permettendo quindi    interventi chirurgici che conservano l'orifizio anale naturale.
Un altro intervento, attuato in casi selezionati, è la
resezione di eventuali metastasi al fegato. Quando si procede all'asportazione del retto è possibile, in alcuni casi, creare una tasca con un altro tratto di intestino, in modo da     consentire al paziente di eliminare le feci per via naturale: ciò è fattibile solo se il cancro non ha coinvolto lo sfintere anale.
La
chemioterapia svolge un ruolo fondamentale nella malattia avanzata non operabile, ma non solo. Recentemente sono stati intrapresi diversi studi per valutare l'efficacia di un trattamento chemioterapico cosiddetto adiuvante, cioè effettuato     dopo l'intervento chirurgico per diminuire il rischio di ricaduta (come avviene già per il tumore della mammella): i primi dati a disposizione sono positivi.
Sono positivi anche gli studi sulla
terapia neoadiuvante, cioè effettuata prima dell'intervento per ridurre la dimensione del tumore e facilitare il compito del chirurgo.
Infine, nel tumore del retto, la radioterapia sia pre sia post operatoria, a seconda delle indicazioni, svolge un ruolo fondamentale: è stato dimostrato infatti che essa è in grado di diminuire le ricadute locali e di allungare la sopravvivenza.
Un discorso a parte meritano i
farmaci biologici, ultilizzati al momento solo in alcune situazioni particolari. Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale, diretto contro la proteina VEGF. È indicato come trattamento per il tumore del colon-retto     avanzato in associazione alla chemioterapia. Il cetuximab è un anticorpo monoclonale diretto contro la proteina EGFR. È stato registrato per l'uso con irinotecan (un chemioterapico classico) nei pazienti già trattati per tumore del colon avanzato     con cellule tumorali positive per EGFR.
Infine è in sperimentazione l'erlotinib, una piccola molecola diretta contro EGFR, somministrabile per bocca.
Inoltre ci si può avvalere anche della TAC addome con mezzo di contrasto: essa permette di valutare i rapporti con gli organi circostanti, lo stato dei linfonodi e le eventuali metastasi presenti nell'addome. Per identificare l'esistenza di metastasi     a distanza si può fare una radiografia del torace (o una TAC torace, se indicata), un'ecografia epatica, una scintigrafia ossea e la biopsia di eventuali lesioni. Talvolta vengono utilizzati a questo scopo anche la risonanza magnetica o la PET (tomografia     a emissione di positroni).

Evoluzione
È possibile determinare con un prelievo di sangue i valori di CEA (antigene carcino-embrionario): questo marcatore, di scarsa utilità nella diagnosi precoce e nello screening,  riveste invece un ruolo importante per valutare la gravità della     malattia, in quanto la concentrazione è direttamente collegata all'estensione del cancro. Il CEA è anche utile nel monitoraggio della risposta al trattamento farmacologico (scende  infatti se la chemioterapia è efficace) o per la verifica  della    ripresa della malattia (risale in caso di ricadute). Oltre al CEA viene utilizzato anche un altro marcatore, il CA 19.9 detto anche GICA (GastroIntestinal Cancer Antigen).
Contrariamente agli altri tipi di cancro, per i quali esiste una classificazione pressoché univoca, per il tumore del colon-retto esistono diverse forme di classificazione,  sulle quali non sempre i diversi medici concordano. La più usata resta     comunque quella che si riferisce al sistema TNM (dove T sta per la dimensione del tumore, N per il numero di linfonodi coinvolti e M per le metastasi).

Come si cura
La terapia di scelta è la chirurgia: sulla base della posizione del tumore si procederà con un intervento parziale o, nei casi più gravi, con la totale asportazione del tratto di colon
interessato o del retto.
Rispetto agli interventi demolitivi effettuati fino a non molti anni fa, la chirurgia del carcinoma del retto si è fatta sempre più conservativa. Solo nei pazienti molto anziani o ad alto rischio si procede alla creazione della cosiddetta
stomia  (ovvero all'apertura dell'intestino sulla parete addominale con la creazione del cosiddetto ano artificiale, ovvero un'apertura che consenta di raccogliere le feci con appositi presidi).


Alimentazione e CCR
Tra i fattori di rischio legati allo stile di vita, la dieta rappresenta quello più studiato. Benché la ricerca abbia fornito in merito risultati in parte contrastanti, ora si può affermare con una relativa certezza che una dieta ad alto contenuto di grassi animali e proteine (che provoca a sua volta il rilascio nell'intestino di grandi quantità di acidi biliari) è in grado di favorire la trasformazione maligna di eventuali polipi del colon preesistenti. Ciò significa che la dieta sbagliata difficilmente sarà l'unica causa di un tumore del colon, ma che può dare una mano, in senso negativo, ad altri fattori di rischio. I grassi vegetali, invece, ovvero i cosiddetti grassi insaturi, non sono rischiosi.

A proteggere ci pensano invece le fibre alimentari, in particolare quelle che non vengono digerite, come la crusca. L'effetto protettivo delle fibre è stato  ipotizzato in base all'osservazione che le popolazioni vegetariane hanno un'incidenza di carcinoma  del colon-retto ridotta del 30 per cento circa.

Ecco alcune semplici regole messe a punto dal National Cancer Institute statunistense per prevenire questo tipo di tumore:

  • ridurre l'assunzione di grassi animali al 30 per cento delle calorie totali;

  • consumare quotidianamente frutta e verdura;

  • limitare l'alcol a un bicchiere di vino a pasto;

  • dimagrire se si è obesi, evitare di ingrassare;

  • aumentare l'apporto di fibre;

  • limitare al massimo il consumo di cibi con conservanti (compreso il sale) o affumicati.

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